Il mulino ad acqua dell'Area Archeologica Naturalistica Castello di Calatamauro è uno dei due mulini costruiti lungo il torrente Senore in Contrada Bagnitelle. Incastonato nella roccia, così come il Castello di Calatamauro, conserva ancora intatte le sue caratteristiche originarie e perfino la vegetazione. Oggi, arrivare al mulino è ripercorrere sentieri e sensazioni millenarie dove è possibile anche rilassarsi ascoltando il fruscio dell'acqua, immergendosi nella fitta vegetazione.

Un po' di storia 

Nella Sicilia Occidentale il mulino ad acqua iniziò la sua comparsa, almeno sui documenti ufficiali, a partire dal Gran Conte Ruggero, all’inizio del secondo millennio. Costruiti ad una discreta distanza dal corso dell’acqua i requisiti erano: il salto geometrico, la possibilità che potesse essere realizzato il canale di derivazione e, ovviamente, il possesso del diritto giuridico di poter disporre a proprio piacimento del corso d’acqua e del terreno su cui edificare l’impianto. 

Sino a fine Settecento costruire un mulino era nell’esclusiva possibilità dei baroni, laici o ecclesiastici; macinare il grano era monopolio legale dei baroni, che ovviamente ne affidavano la conduzione ai mugnai, con contratti di vario tipo, dall'affitto all'enfiteusi.

Sul territorio di Contessa, e in vari periodi anche dei paesi limitrofi, la gestione è stata per lungo tempo, già dal ‘400, della famiglia patriarcale dei Clesi. 

Il monastero di Santa Maria del Bosco, in base alle proprie regole interne, era tenuto a bandire periodicamente l’appalto per la gestione dei suoi mulini fra tutti gli operatori presenti a Giuliana, Bisacquino e Contessa Entellina. Soltanto dall’Ottocento in poi è venuto meno il monopolio baronale sui mulini ed il mercato dei mulini è divenuto pertanto libero; da allora un gran numero di mulini della zona diventeranno proprietà dei Clesi (mulinara), i quali continueranno a gestirne altri in affitto.

Il ruolo dei mugnai di agenti incaricati della riscossione dell’imposta sul macinato fino alla prima metà del Novecento non è venuto meno. 

La presenza di mulini ad acqua al servizio del Castello di Calatamauro è attestata già nel trecento e, in qualche modo, certificano gli alti livelli raggiunti in termini di tecnologia idraulica sotto i normanni e la precedente dominazione araba.

Nel trecento, nel dopo guerra del Vespro, i mulini di Bagnitelle a cui era connesso il fondaco che sorgeva a breve distanza dalla regia trazzera Palermo-Corleone-Sciacca servivano sostanzialmente per garantire l’approvigionamento di farina al castellano e alla guarnigione di Calatamauro, il presidio militare dei Peralta.

Ovviamente i proprietari dei mulini allora, in quei secoli, erano per lo più monasteri, vescovadi, esponenti della feudalità o del notabilato urbano: ciò può spiegarsi in ragione del fatto che l’impianto di un mulino richiedeva l’investimento di un grosso capitale che solo costoro erano in grado di garantire, salvo poi affidarne la gestione a spese di un gabelloto, sul quale altresì venivano fatti ricadere i costi delle eventuali migliorie.

Ed infatti, una documentazione risalente al 1580 attesta che Paulo Clesi, gestore dei mulini di Bagnitelle, era debitore del Marchese della Giuliana (i Cardona) di una consistente somma per canoni relativi ai mulini di Bagnitelle.

 

Funzionamento

Il mulino di contrada Scirotta si trova ai piedi della collina della fortezza di Calatamauro vicino al torrente Senore ed è a ruota orizzontale. 

La meccanica del mulino ad acqua orizzontale è semplice e ha il pregio di non chiedere organi intermedi, se non quelli strettamente indispensabili per trasformare l’energia del salto fondamentale per trasformare l’energia d’acqua in energia meccanica di rotazione. 

Gli organi operatori sono le macine o mole; una fissa inferiore; una mobile superiore chiamata anche currituri. Essa viene sostenuta e posta in moto da un asse verticale, la spica alla cui estremità superiore è collegata mediante una aletta metallica orizzontale, la mannara. 

Nella parte inferiore del fusto, viene applicata la rota messa in movimento dall’acqua che esce in pressione dalla cannatedda. 

La fermata del mulino avveniva mediante il livaturi a forma di pala nella parte finale che spostava il getto dirigendolo verso l'alto. La mole scomponeva i chicchi di frumento nelle loro parti costitutive. 

Dalla miscela farinosa che si scomponeva si separavano poi mediante cernita, le particelle nutritive ed assimilabili dell’albume cioè le farine di frammenti di corteccia che costituivano la crusca. 

La trimoja era costituita da un contenitore a tronco di piramide rovesciata sulla cui parte inferiore veniva praticato il foro.

 

Tratto per l'Associazione Vivere Slow dalle ricerche di:

Dott.ssa Lorena Spoto

"IlContessioto"